Come ogni anno, l’Osservatorio CERGAS di Università Bocconi pubblica il rapporto sul sistema della Long-Term Care, cioè dell’assistenza a lungo termine.
I dati non appaiono confortanti: non tanto quelli in arrivo dai gestori dei servizi quanto, piuttosto, in relazione alla situazione che si registra nel Paese.
Long-Term Care e mancato aggiornamento dei dati nazionali
La prima cosa che spinge ad una riflessione è relativa all’aggiornamento dei dati in possesso del sistema pubblico in riferimento al mondo della non autosufficienza degli anziani. La ‘fotografia’ è infatti datata 2016 e l’aggiornamento appare troppo lento se messo in relazione ai rapidi mutamenti e ai bisogni espressi della popolazione e dal sistema della cura.
Questa ‘fotografia’ parla di circa 2.900.000 persone con più di 65 anni che si trovano a vivere – in Italia – in una situazione di non autosufficienza. Il numero, come sostengono le proiezioni ISTAT, è destinato ad incrementarsi nei prossimi anni.
Sempre al 2016, le persone raggiunte da un intervento domiciliare (per lo più del tipo Assistenza Domiciliare Integrata) rappresentano solo il 27% del bisogno. Tale dato sembra testimoniare sia una difficoltà di accesso alla rete dei servizi, che una limitata capacità della rete stessa di rispondere alla domanda.
A questo va aggiunta la presenza di ben oltre 1.000.000 di badanti nelle case degli italiani (di cui, sempre al 2016, oltre il 60% irregolari).
Cosa dicono le famiglie?
Le famiglie esprimono una visione molto ‘clinica’ delle RSA, come ‘ultimo luogo’ a cui ricorrere quando le condizioni sanitarie non permettono più di mantenere l’anziano a domicilio. Inoltre, la maggior parte di esse organizza la cura attraverso il tempo di caregiver informali (membri della stessa famiglia) o facendo ricorso ad una badante. Infine, per le famiglie è alto il bisogno di informazioni e supporto nella gestione della situazione ma, purtroppo, solo 1/3 di chi ne avrebbe bisogno riesce ad accedere a questi servizi.
Il COVID, come tutti ormai tristemente sappiamo, ha colpito particolarmente il settore della Long-Term Care, con punte di mortalità vicine anche al 120% in alcune aree del Paese. I gestori non sembrano – per ora – registrare un calo di fiducia, anche se nei prossimi mesi la sfida più grande sarà ripensare un intero sistema di cura che possa trarre insegnamento dall’esperienza drammatica della pandemia e offrire servizi sempre più evoluti.
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