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Le bambole che aiutano l'Alzheimer

Non troverete qui protocolli farmacologici, ma la storia di un approccio non farmacologico che mette al centro le bambole che aiutano l’Alzheimer grazie al loro potere di contenere alcuni dei più importanti sintomi comportamentali.

Questo approccio è noto come Doll Therapy, terapia della bambola, ed è stato messo a punto in Svezia alla fine degli anni ’90 da Britt Marie Egidius Jakobsson, una psicoterapeuta che voleva aiutare suo figlio affetto da autismo. Il principio che sta alla base di questo metodo risiede nel fatto che maneggiare una bambola e “accudirla” può ridurre alcuni disturbi comportamentali come il cosiddetto wandering (il vagare), l’ansia e l’aggressività, l’agitazione, la depressione, l’apatia e i disturbi del sonno.

Dall’autismo all’Alzheimer

In Italia questa terapia non farmacologica è stata valorizzata e applicata alle persone affette da Alzheimer dal pedagogista dr. Ivo Cilesi, sfortunatamente deceduto a Parma pochi mesi fa a causa del COVID.

La “terapia” consiste nell’offrire al paziente la bambola come oggetto simbolico con cui creare una relazione e riversare il naturale desiderio di accudimento e scambio affettivo. La “somministrazione” della bambola deve avvenire nel rispetto di alcuni criteri, tempi e modalità prestabiliti. Questo può ridurre gli accessi di ira e degli stati d’ansia, dal momento che concentrare l’attenzione sulla bambola e avere nei suoi confronti degli atteggiamenti di dolcezza e affetto aiuta a rilassarsi e ha ripercussioni positive anche sull’alternanza sonno-veglia, limitando l’insonnia. L’azione dell’accudire, seppure rivolta a un oggetto inanimato, può anche favorire il risveglio di ricordi piacevoli, riportando alla mente emozioni e sensazioni legate a un momento felice della sua vita. Infine, la bambola può diventare una sorta di “intermediario” nelle relazioni con gli altri ospiti della struttura o con i caregiver, riducendo l’apatia e stimolando la persona a lasciarsi coinvolgere nelle attività, riducendo gli stati depressivi e migliorando la memoria.

La doll therapy in Fondazione Benefattori Cremaschi

Il progetto di Doll Therapy è stato attivato presso il Nucleo Alzheimer della Fondazione Benefattori Cremaschi nel marzo 2021, dall’equipe di cura.

La prima fase è stata contraddistinta da un’osservazione attenta a cui è seguita un’accurata selezione delle persone che avrebbero potuto trarne beneficio.

Sono state quindi identificate persone residenti caratterizzate da deterioramento cognitivo grave o medio-grave e disturbi del comportamento severi.

L’educatrice di riferimento, interfacciandosi con l’equipe di cura, ha verificato che le persone identificate non avessero vissuto eventi luttuosi o traumatici legati all’esperienza genitoriale, in quanto questa rappresenta una controindicazione della Doll Therapy.

 

Si è proceduto quindi all’osservazione finalizzata all’analisi dell’interazione anziano/bambola attraverso una scheda di osservazione che verifica i comportamenti di attaccamento, cura e piacevolezza.È emerso che nella maggioranza dei casi la persona coinvolta mostrava situazioni di piacevolezza, era a proprio agio ed interagiva con la bambola, attraverso il contatto, l’abbraccio ed il prendersi cura.

La possibilità di riconoscere la bambola per quello che è realmente, è presente in alcuni casi. In altri è possibile che il deterioramento cognitivo non consenta il rapporto consapevole. In altri casi si è visto alternare con grande naturalezza la visione dell’oggetto come bambola o come bambino.

 

È stato davvero emozionante consentire ad alcune persone di vivere un contesto in cui potessero esprimere bisogni universali privi di limiti di età, in cui ritrovassero la possibilità di sentirsi capaci di svolgere delle attività quotidiane, di dare affetto e di prendersi cura di qualcuno, ma anche di esprimere emozioni legate a vissuti profondi.

In tal senso, gli operatori hanno messo in campo atteggiamenti di accoglienza rispetto a qualsiasi reazione, di affiancamento e stimolo quando e se necessario.

 

Si è potuto notare come l’utilizzo della bambola stimoli una maggiore iniziativa verso azioni pianificate e finalizzate e consenta in alcuni casi di lenire stati di agitazione rispondendo a bisogni emotivo-affettivi.

In particolare, non dimenticheremo mai la reazione di una signora che, in prima battuta, si mostrava in uno stato di agitazione e dopo avere abbracciato la bambola ha modificato l’atteggiamento, l’espressività e la postura. In pochissimi minuti la signora si è rasserenata, ha mostrato sorrisi e cominciato a prendersi cura della bambola, pettinandola, coprendola con una copertina di lana e ricercando il consenso e l’interazione degli altri attorno a sé, definendola più volte “bella”!

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